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Vitamina D3 e Antiaging
Vitamina D3
«Vitamina D: una storia antica di un ormone moderno» L’endocrinologo, June 2010.
Huldschinsky, nei primi anni del 900, notò che bambini affetti da rachitismo, una patologia infantile caratterizzata da un difetto nell’ossificazione, miglioravano la loro condizione in seguito ad esposizioni ripetute ai raggi UV. Successivamente si ottennero risultati paragonabili con l’esposizione diretta alla luce solare. Goldblatt e Soames dimostrarono poi che questa azione era ascrivibile alla presenza di una sostanza contenuta nella pelle, ossia il 7-deidrocolesterolo, che agiva sul metabolismo osseo una volta attivata dalla luce solare. Si scopriva così una nuova vitamina, i cui effetti importantissimi nell’organismo sarebbero stati enucleati pian piano. La vitamina D ha una duplice natura: può essere considerata una vitamina in quanto una buona parte dei suoi livelli circolanti derivano dall’alimentazione, ma anche un ormone, in quanto il corpo umano è in grado di produrla autonomamente. Inoltre essa dopo la produzione cutanea, subisce una serie di reazioni biochimiche che la trasformano in ormone attivo che esplica la sua azione in una pletora di compartimenti corporei. Esistono due diverse forme, D2 (ergocalciferolo) e D3 (colecalciferolo), la prima di derivazione vegetale, la seconda di derivazione animale: quest'ultima, attraverso la radiazione ultravioletta ad una determinata lunghezza d’onda (UVB), viene creata nella pelle dal suo precursore, 7 - deidrocolesterolo. In una seconda fase subisce una serie di idrossilazioni nel fegato e nei reni finché si trasforma nella forma attiva 1,25 diidrossi-vitamina D (calcitriolo). La fonte principale dunque di vitamina D è sicuramente il sole, ma il precursore della vitamina D può essere anche assunto dall’alimentazione, soprattutto di origine animale.
Purtroppo, dal tardo autunno fino all'inizio della primavera, è impossibile fornire la quantità sufficiente di vitamina D nella maggior parte d'Europa. L' aumento del rischio di comparsa di alcune malattie in questo periodo è spesso associato ad un possibile deficit di vitamina D. Ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato che a partire dai 37 gradi a nord del piano equatoriale della Terra (all’altezza quindi della Sicilia) è impossibile soddisfare il fabbisogno di vitamina D esclusivamente attraverso l’esposizione alla luce del sole. L' assunzione giornaliera raccomandata di vitamina D per gli adulti è di 1500-2000 UI, valori impossibili da fornire esclusivamente dalla nutrizione: l’apporto nutrizionale giornaliero di vitamina D nelle nazioni europee (o comunque quelle nazioni comprese nelle zone temperate) è 40-300 UI, quindi appare evidente come, anche chi trascorre numerose ore all’aperto, durante il periodo invernale, necessiti di una integrazione con nutraceutici. Da questo discorso sono esentati coloro che risiedono nelle zone equatoriali o tropicali, dove la presenza del sole e l’inclinazione dei raggi solari garantisce una copertura sufficiente dei livelli di Vitamina D. Ci sono però altri fattori che possono ridurre la produzione intracorporea di vitamina D: il grave inquinamento dell'aria nelle grandi città riduce la permeazione delle radiazioni solari, una riduzione delle attività all'aperto come conseguenza di un cambiamento di vita verso abitudini malsane, l’immobilità della popolazione anziana, l'applicazione topica di creme solari con un elevato fattori di protezione solare.
Pertanto, l’assunzione di vitamina D attraverso una corretta alimentazione o integrazione risulta ineludibile per mantenerne livelli corporei adeguati.
Gli studi più recenti hanno evidenziato che la vitamina D non contribuisce solo alla salute delle ossa, anche se questo è il suo ruolo più noto. Infatti la vitamina D ha una funzione ormai ampiamente riconosciuta nel metabolismo del calcio, agendo a diversi livelli. A livello intestinale la vitamina D stimola il riassorbimento di calcio e fosforo e quindi ne induce una maggiore biodisponibilità sistemica; a livello osseo aumenta la ritenzione di calcio e il suo tasso di deposito; a livello renale stimola il riassorbimento tubulare di calcio e quindi ne limita l’escrezione urinaria. È stato osservato inoltre che una carenza di vitamina D si associava spesso a una ridotta forza muscolare che poteva causare una maggiore incidenza di cadute. Questo fattore, sommato ad una minore densità ossea (sempre legata al deficit di vitamina D), comportava un rischio maggiore di fratture. Ne consegue che la vitamina D ha un ruolo nel mantenimento della salute ossea nella sua totalità. Ma la vitamina D agisce anche in altri tessuti, organi ed apparati. Essa ha un ruolo importante nel sostegno delle difese immunitarie dell’organismo. Uno studio tutto europeo, svoltosi nei laboratori di ricerca dell’università di Copenaghen, in Danimarca, ha dimostrato che i linfociti T, principali attori del sistema immunitario, hanno bisogno della Vitamina D per riconoscere i nemici e svolgere la loro azione protettiva. Livelli adeguati di vitamina D contribuiscono a ridurre il rischio di sviluppare malattie autoimmuni come la sclerosi multipla o di diabete di tipo 1. I livelli di vitamina D inoltre correlano in maniera direttamente proporzionale con la salute cardiaca: essa è in grado di regolare i livelli di mediatori implicati nel controllo dell’aterosclerosi e della pressione arteriosa; livelli adeguati di vitamina D sono in grado di coadiuvare la prevenzione dell' ipertensione, infarto del miocardio, e ictus. La vitamina D è coinvolta anche nella prevenzione di malattie legate a stile di vita come l'obesità e il diabete di tipo 2, legate al declino della funzione visiva, tra cui la degenerazione maculare e disturbi neurologici, tra cui Alzheimer e il morbo di Parkinson. Infine, evidenze sperimentali recenti dimostrano come la vitamina D sia implicata nel corretto differenziamento e nel controllo della proliferazione cellulare e che una sua adeguata presenta fisiologica possa contribuire a prevenire l’insorgenza di patologie neoplastiche.
Assunzione di integratori
Nelle suddette condizioni e in generale in ogni condizione di carenza o di limitato apporto vitaminico, è fortemente auspicabile l’integrazione attraverso l’assunzione di integratori alimentari sia come supporto nutrizionale sia per prevenire la comparsa dei sintomi associati alla deplezione di vitamina D, o per alleviarne la severità quando già presenti. I valori integrativi consigliati per un adulto sono di circa 1000IU giornalieri. L’ integrazione alimentare però deve essere supportata e corroborata da una dieta sana ed equilibrata e da uno stile di vita sano. Infatti non sempre le innovative conoscenze scientifiche circa l’importanza di livelli adeguati di vitamina D si traducono in un miglior benessere umano.
SISTEMA IMMUNITARIO
Vitamina D3
INFIAMMAZIONE
Vitamina D3
VISTA
Vitamina D3
PELLE
Vitamina D3
MUSCOLI
Vitamina D3
DENTI E OSSA
Vitamina D3
SISTEMA CARDIOVASCOLARE
Vitamina D3
UMORE ANSIA E DEPRESSIONE
Vitamina D3
Data la sua polifenicità, appare indispensabile mettere in atto misure comportamentali e alimentari adeguate per garantire la replezione di Vitamina D. Vivere maggiormente all’aria aperta, condividere gli spazi comuni pubblici, traslare l’attività fisica nei parchi, spostarsi a piedi o in bicicletta sono tutte attività che favoriscono il mantenimento di livelli adeguati di vitamina D e allontanano la condizione di ipovitaminosi. Per chi non ha necessità reali di elevata protezione invernale dai raggi solari, l’esposizione diretta o l’utilizzo di una protezione minima può agevolare la produzione intrinseca di vitamina D cutanea. In generale, una esposizione quotidiana per 15-20 minuti potrebbe garantire un apporto endogeno adeguato.
A fianco a questi consigli comportamentali è indispensabile adeguare la propria dieta, soprattutto in inverno, per ottimizzare l’assunzione di vitamina D. Risulta utile dunque introdurre nella dieta settimanale pesce grasso come salmone, sgombro, tonno, pesce spada, burro e formaggi grassi e uova. Purtroppo, la presenza di vitamina D negli alimenti è relegata quasi totalmente a quelli di origine animale. Per i vegetariani e per i vegani l’unica fonte alimentare di vitamina D è l’assunzione di funghi porcini, il cui contenuto moderato non è però sufficiente a colmare le necessità alimentari.